La Storia di Settecamini

Premessa

Prima di affrontare l’argomento della chiesetta settecentesca di Settecamini, è doveroso ricordare che gran parte di questa documentazione è frutto delle ricerche del compianto Padre Jean Coste, studioso di topografia medioevale dell’Agro Romano; a lui si deve quell’attenta metodologia che ha consentito una conoscenza profonda della Campagna Romana, attraverso ricerche e studi d’archivio per definire inequivocabilmente la storia di fabbricati e siti di un territorio rimasto sempre un po’ offuscato dalla monumentalità di Roma.

Padre Jean Coste

Il metodo di Jean Coste era quello di sovrapporre le mappe del Catasto Alessandrino del 1660 con le Carte Militari dell’IGM, del 1942 e 1881; in questo modo si poteva ottenere una “fotografia” della Campagna Romana. Procedendo quindi a ritroso, come amava ripetere Coste, attraverso studi di “prima mano”, ovvero ricerche negli archivi ecclesiastici, ecco uscire dall’oblio la vera storia di torri, casali, osterie e chiesette della Campagna Romana.

Apparirà così un vasto territorio che, dopo la caduta dell’impero romano, avrà i suoi alti e bassi, scanditi dal flagello della malaria.

Ecco quindi gli innumerevoli sforzi della Chiesa di Roma a contrastare il fenomeno: già nell’ottavo secolo con le Domuscultae e dal XII al XV secolo la costruzione di torri, per gestire le vastità delle tenute, in prevalenza di proprietà di enti ecclesiastici; seguiva per l’appunto l’INCASTELLAMENTO delle alture limitrofe la Campagna Romana.

Nel XVI sec. la costruzione di osterie e luoghi di sosta per il cambio dei cavalli, lungo le consolari, da parte anche di privati, consentirà una presenza più assidua nella Campagna Romana e darà luogo alla nascita del “centro storico di Settecamini”. Jean Coste individuerà questo periodo come l’INCASALAMENTO.

Infine nel XVIII secolo la realizzazione di numerose chiesette per pastori, contadini, braccianti, che nei periodi invernali lavorano nella Campagna Romana per poi tornare sui monti d’Abruzzo o nei paesi alle pendici degli Appennini, nei periodi estivi, al riparo dalla malaria. Di quest’ultimo periodo fa parte la chiesetta di Settecamini, come la neo-classica chiesetta della Cervelletta, oppure la cappella incastonata nel Casale del Cavaliere.

I documenti e le notizie di J.Coste ci proiettano secoli indietro e ci raccontano mirabilmente frammenti di storia del nostro territorio.

Formazione del nucleo storico di Settecamini

Presso l’attuale incrocio di Settecamini esistevano già nel secolo X delle TAVERNE, FORNI e CAPANNE; in particolar modo è menzionato il FORNO SETTE FRATI.

Al posto dell’attuale FORNACCIO (Forno Sagnotti) esisteva una TAVERNA menzionata in un atto di vendita del 16 nov. 1466 tra Paluzzo Novelli a Simone Tebaldi, proprietario della tenuta di Marco Simone.

Nell’Inventario dei beni immobili di Santa Maria Maggiore del 1480-1483 “Il Casale detto il FORNO ha una capanna”. Con il termine “Casale” si identifica la tenuta e non l’attuale riferimento ad un edificio.

Quindi nell’attuale bivio di Settecamini, lungo la Via Tiburtina, esistevano già due capanne o taverne, come luogo di ristoro, sosta per i viaggiatori e cambio dei cavalli.

Gli affittuari del Casale (tenuta) FORNO SETTE FRATI di S.Maria Maggiore quasi sempre provengono da paesi nelle vicinanze di Roma, come Tivoli e Palombara.

La taverna FORNACCIO di Simone Tebaldi si imporrà come principale luogo di sosta e ristoro per i viaggiatori lungo la Via Tiburtina, mentre il FORNO di S.Maria Maggiore servirà come CAPANNA e abitazione di campagna per gli affittuari od enfitetuti, con un canone di affitto in “ACQUARICIE D’OLIO”

Il Capitolo di S.Maria Maggiore, tra il 1522 ed il 1530, affitterà per tre generazioni a Pietro Subattario l’area della taverna, per edificarvi un fabbricato, di fronte alla capanna di Marco Simone.

Il Forno di Santa Maria Maggiore l’attuale “Casaletto” – La chiesetta del 700 – Il Fornaccio

Il 3 marzo 1552 il Cardinale Federico Cesi, dopo aver comprato la tenuta di Marco Simone per realizzarvi la sua dimora estiva, acquista la restante parte della tenuta di S.Eusebio per costruirvi il FORNACCIO.

Il Fornaccio

Agli inizi del 1600 il FORNO di S.M.Maggiore comincia ad essere affittato con “il prato e l’orto e tutti i suoi membri” .

Il nostro territorio è raffigurato per la prima volta nel 1547, nella Mappa della Campagna Romana di Eufrosino della Volpaia, con una casetta all’incrocio della Via Tiburtina con l’attuale Via di Casal Bianco, l’antica Via di Monticelli; questo ad indicare che esistevano dei fabbricati.

Il fiume Aniene è chiamato “Teverone”, il fosso di Pratolungo è chiamato “Magugliano”, con riportata una “Torre Rigata”; Marco Simone è menzionato con “Castello di Messer Marco”, è riportato S.Eusebio; in corrispondenza di Case Rosse esiste una torre con la scritta “Di Campo Marzio”. Dopo il nostro incrocio appare “Tor Pattume” corrispondente all’attuale Villa Todini, posta subito dopo Setteville; in lontananza si scorge un nucleo di fabbricati detto “Castel Arcione”. Il Casale del Cavaliere è chiamato “Mattuzzi” e dall’altra parte dell’Aniene si scorge un complesso chiamato “Lunghezza di Strozzi”.

Mappa di Eufrosino della Volpaia – 1547

Nelle mappe del Catasto Alessandrino, nel 1661, viene raffigurato l’attuale incrocio di Settecamini, con tre fabbricati, le due osterie-albergo ed una cappelletta al posto della Chiesetta.

Il Forno di S.M.Maggiore, in alto, è rappresentato nella forma originaria: l’edificio più alto con annesso il fienile, rivolto a destra, più basso. Sotto la Tiburtina c’è il Fornaccio, contraddistinto dai tanti comignoli sul tetto; corrispondevano a “sette camini” presenti in ognuna delle sei camere da letto ed al grande camino del piano terra: era una osteria/albergo di lusso, con tutti i comfort dell’epoca! Sul retro il recinto con l’orticello per approvvigionare la cucina.

Il “Torraccio” posto a destra corrisponde ad un rudere ancor oggi presente nel giardino della Famiglia Mazzaferri, su via di Casal Bianco. Questo edificio è riportato nella carta di Eufrosino e menzionato come “Tor Vergata”

La chiesetta settecentesca

Dagli appunti di Jean Coste viene menzionata, in una nota del 1725, le cappelle o chiese rurali esistenti nel territorio nel distretto della parrocchia di S.Lorenzo fuori le mura. “Cappella del Forno del R.mo Capitolo di S.Maria Maggiore distante da Roma miglia otto incirca, vi celebra il sig. D.Filippo”. È la conferma che a Settecamini esiste già una cappelletta, frequentata da contadini e pastori.

Ma in data 25 giugno 1728, viene redatto il conto dello scarpellino per “i lavori alla nuova chiesa posta per la strada di Tivoli”. Esiste anche il resoconto per la demolizione della cappelletta preesistente. Altro conto dello stesso in data 23 ottobre 1728, ambedue sottoscritti dall’architetto Antonio Guidotti il quale, a questo titolo, appare come il responsabile dei lavori e dunque l’architetto della cappella. Purtroppo di questo architetto non si conosce nulla, egli non figura nel dizionario dei pittori ed architetti del Thieme-Becker.

Il giorno 7 novembre del 1728 il Capitolo di S.Maria Maggiore delega il canonico Ravenna per far benedire “L’Oratorio o sia cappella della tenuta del Forno nuovamente fabbricata per potervi celebrare la S.Messa”.

Le documentazioni più interessanti sono quelle relative alla consegna, immobili compresi, dal Capitolo di Santa Maria Maggiore agli affittuari della tenuta. Sono l’elenco delle suppellettili sacre consegnate dal sagrestano di S.M.Maggiore all’affittuario del “Casale (tenuta) del Forno ad effetto di poter fare celebrare la messa nella chiesa e cappelletta in detto casale del R.mo Capitolo”.

Una “Fotografia” della nostra chiesetta è del 25 gennaio 1754 : “Chiesola vicino a d° Casale, porta con fusto a partite in stato mediocre con gangani, bandelle dalla serratura a due voltate che porta catenaccio con molla, un bracciolo di ferro e due finestrini con due crocette di ferro.

Finestra sopra detta porta con telaio di legno con sportelli e n°68 vetri con telaio di ferro, al di fuori con sue romate con rampini di muro.

Un confessionale di legno in buon’essere con sportello avanti.

Una credenza per tenere suppellettili con due sportelli.

Ara dell’altare di muro con lastra di marmo sopra pietra sagra, paliotto di legno avanti, padella di legno con scalino attorno di marmo, scala di muro sopra per li candelieri con n°8 candelieri ed una Croce con cristo fatto di legno, due costaglorie, un leggio, e un altro Cristo dove si mettono le ampolline.

Dalli lati del sud° altare vi sono 2 mani roccoletti …

Un quadro rappresentante l’Assunta con sua cornice di giallo e finimenti di muro con cimasa sopra, che forma ornato, dalli 2 lati di d° altare 2 lastre di marmo con suoi modelli sotto l’ampolline.

Un’acquasanta di marmo che forma una conchiglia con modello che la sorregge.

La sud.a chiesa è coperta con solaio, ammantonato sotto n°8 pilastri, che formano ornato.

Attorno li muri con base capitelli e cornice sopra in buon’essere, e tutti li muri ornati di fuori.

Un campaniletto con Croce di ferro sopra, e sue campanelli di metallo”.

Viene menzionata una “soffitta imbiancata”, quindi le capriate del tetto non erano a vista come ora.

Delle suppellettili originarie, menzionate in precedenza, non rimane nessuna traccia, tranne l’acquasantiera che oggi si trova collocata nella nuova chiesa di Settecamini, a destra dell’ingresso; sulla sinistra esiste una perfetta copia in cemento.

Ma qualche decennio dopo inizia il lento degrado dell’immobile, come testimoniano le lamentele di qualche vicino oste, nel trascurare di far celebrare la Messa nelle feste; fatto rimproverevole “trovandosi ab antiquo una chiesa in detta vicinanza dove a ogni festa si faceva celebrare la S.Messa, o dal detto Capitolo oppure dall’affittuario, per comodo dei pastori, passeggeri ed altre persone di queste vicinanze, attesa la distanza di altre chiese di sette miglia, circa” .

Non si conosce se la chiesetta sia stata dedicata a qualche santo, spesso viene intitolata a S.Francesco, ma non se ne riportano le fonti. Di certo la proprietà del Capitolo di S.Maria Maggiore ed il quadro dell’Assunta, menzionato nei documenti d’archivio, destinano l’edificio al culto mariano, e ciò si consoliderà nel Maggio del 1917 quando, in piena prima guerra mondiale, Mons.Virgilio Valcelli porterà l’immagine della Madonna dell’Olivo nella chiesetta, con il compiacimento del Papa Benedetto XV.

Pertanto sarebbe giusto menzionare la nostra CHIESETTA DI SANTA MARIA MAGGIORE.

Nel Gennaio del 1926 viene fondata la parrocchia di S.M.dell’Olivo, comprendente le tenute di Settecamini, Casal de’Pazzi, Cavallari, Sant’Eusebio, Casa Rossa, Castel Arcione, Tor de’ Sordi, Tor Ma storta, Inviolatella, Marco Simone, Tavernucole e Prato Lungo.

Don Alfredo Bonaiuti è il primo parroco fino al 1933 e con lui viene costruita la nuova chiesa fin dal 1920 e, successivamente, viene eretto il campanile.

Rilievo eseguito prima del restauro. (Roma oltre le mura – C.Calci)

Le due osterie cinquecentesche del Forno e del Fornaccio sopra descritte, si attestano sulla Via Tiburtina rispecchiando la concezione tipica del loro periodo di costruzione; ciò è più evidente nel Fornaccio, il quale presenta la sua facciata parallela alla strada. Questa particolare posizione creerà due “quinte” alla settecentesca concezione della chiesetta che, pur fiancheggiando la via principale, presenterà una visione frontale, tipicamente barocca.

La facciata è rivolta ad Ovest, presenta una impostazione neo-classicheggiante nella parte inferiore, mentre superiormente contiene elementi tipici del barocchetto-rococò.

L’impostazione della facciata è semplice: sull’asse centrale ha il portone incorniciato di travertino bianco; un finestrone di forma rettangolare sormontato da arco a tutto sesto; tutto il finestrone è contornato da una fascia in stucco ed in basso, quasi agli spigoli e per chiudere, ci sono due elementi decorativi. Lateralmente la facciate ha la massa evidente delle lesene che sorreggono una fascia che, prima linearmente, poi formando un arco a tutto sesto in corrispondenza del finestrone, marcando la linea curva e venendo così a porsi come elemento di raccordo tra la parte superiore e quella inferiore.

Le curvature della parte superiore proseguono con un breve arco a continuare la serie di cerchi concentrici iniziati con il finestrone. La chiusura superiore è affidata ad un elementino con capitello e volute laterali. Gli estremi superiori sono impreziositi da quegli elementi cari allo stile rococò, ovvero le “rocaille”.

Questi particolari elementi sono presenti in molte facciate o portali di chiese. Esistono vari tipi di curvature ma in genere questi elementi hanno in comune la particolarità di chiudere e bloccare le linee verticali delle lesene, come si può notare anche nella chiesa di S.Agata in Trastevere di Recalcati.

Attualmente la chiesetta con le limitrofe due osterie risultano sopraelevate di circa metri 2,00 rispetto alla quota stradale, a seguito del livellamento della Via Tiburtina, effettuato durante la costruzione della ferrovia Roma-Tivoli nel 1877.

Questa posizione, rispetto alla trafficatissima consolare, determina una scarsa fruizione dei tre monumenti e l’attuale allargamento della strada, con l’eliminazione dell’incrocio, ha isolato e separato ulteriormente il “centro storico di Settecamini”. Per questo che non perdo mai occasione di riproporre l’idea di interrare il tratto della Tiburtina, in modo da ricostituire l’antico livello e ricollegare tra loro gli antichi fabbricati. Idea questa che fu oggetto della mia tesi di Laurea in Architettura e che fu accolta con entusiasmo dalla Sovrintendenza.

Il nome “Settecamini”

Il toponimo SETTECAMINI è piuttosto recente, riprendendo il termine SETTE dal numero dei figli di S.Sinforosa, come riportato nel Martirologio Gerominiano, dove viene associato il culto di S.Sinforosa, la cui Basilica sorge qualche miglio dopo Settecamini, al culto di Sette Martiri, SEPTEM FRATRES o CAMPO DEI SETTE FRATELLI, la cui chiesetta ipogea, posta al IX Miglio della Tiburtina, è stata recentemente individuata dagli archeologi.

Successivamente il termine FRATI viene sostituito con CAMINI, riferendosi probabilmente ai sette comignoli presenti sulla copertura del FORNACCIO.

La prima volta che troviamo questo toponimo è il 12 gennaio 1877, quando un certo Cesare Trinchieri si dichiara pronto a prendere in affitto “la tenuta del Fornaccio o Settecamini”, di proprietà dei Borghese, famiglia nobile romana, che nel frattempo era venuta in possesso del Castello di Marco Simone, della tenuta di S.Eusebio e del Fornaccio. Un amministratore di questa famiglia, il 20 novembre 1877, scriverà “In Pedica del Fornaccio o Settecamini”.

Il termine “Osteria di SETTECAMINI” apparirà ufficialmente nel 1880 sulla Carta stradale della Direzione Generale di Statistica. Nella precedente edizione del 1877 e nella Carta Militare del 1885 riportano ancora “Osteria del Fornaccio” .

Il 20 novembre del 1916 il Re Vittorio Emanuele III e la Regina Elena posero la prima pietra della Borgata Rurale di Settecamini, come testimonia la “cazzuola” usata e ritrovata dal nostro concittadino Francesco Crescimone e postata del compianto Simone Tozzi nel Castello in Val d’Aosta (vedi articolo).

La “cazzuola” usata dal Re per la posa della prima pietra, nella fondazione della Borgata Rurale di Settecamini, il 20 Novembre 1916

Una immagine di Settecamini, in quell’epoca, ce la restituisce il contratto di vendita del terreno, su cui verrà edificata la Borgata Rurale, da Leopoldo Torlonia al Comune di Roma; il documento, reperito sempre dal nostro amato Simone e riportato in questo stesso archivio storico, riporta la planimetria catastale ed in corrispondenza della chiesa parrocchiale c’è menzionato “casetta pastori”: era una di quelle capanne usate dai pastori transumanti, a pianta circolare ed il tetto conico, struttura in legno ricoperta di ginestre.

Planimetria catastale allegata al contratto di vendita dei terreni, da Leopoldo Torlonia al Comune di Roma

Queste erano le abitazioni dei nostri antenati, prima che costruissero Settecamini!

1889 – Capanna di pastori amatriciani a Tor Tre Teste

Mario Pentassuglio

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