La Stazione di Sosta – Settecamini History

Nel corso del 1985 si é completato lo scavo dell´area presso il bivio tra la…

Nel corso del 1985 si é completato lo scavo dell´area presso il bivio tra la Via Tiburtina e Via di Casal Bianco. (Proprio dietro la Chiesetta settecentesca di S. Francesco).
La via Tiburtina antica, ben conservata tranne un punto in cui é evidente un dissesto dovuto all´esplosione di un ordigno bellico, attraversa l´intera area di scavo con direzione est/ovest, ricollegandosi al tratto scoperto piú a est ( Parco Insieme ) , mentre l´estremitá ovest é stata tagliata obliquamente da Via di Casal Bianco. L édificio risulta tagliato a sud dalla Via Tiburtina moderna.

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L´area archeologica é probabilmente un luogo di SOSTA ( Mansio ), con ambienti organizzati attorno un ampio cortile allínterno del quale passa un tratto viario basolato che si ricollega al corso principale della Tiburtina tramite due ingressi: in questa maniera i “veicoli” potevano entrare con facilitá nella stazione, senza per questo intralciare il traffico della strada principale.
Nel cortile centrale sono presenti tre vasche che molto probabilemte fungevano da abbeveratoi, mentre alcuni vani del complesso sembrano aver avuto una funzione idraulica e lavorativa; al di la del muro perimetrale del lato nord si trova una zona tutta basolata, in stretta connessione con la via principale e molto probabilmente porticata, come testimoniano i tre parallelipipedi di tufo recuperati, che dovevano sostenere una copertura.

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Il porticato sulla strada, é un elemento caratteristico della “mansiones”, tanto piú che lo si ritrova anche nelle raffigurazioni di edifici delle “scene di viaggio” .

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Cosa sono le ” Mansiones “

Mansio si ricollega al verbo “manere”, cioé fermarsi, sostare; al di lá del concetto di permanenza, che si ritrova in alcuni passi di autori antichi, il sostantivo indicava anche veri e propri edifici che svolgevano le funzioni di accoglienza necessarie al servizio postale; la distanza che intercorreva tra due “mansiones” é indicata da Plinio in una giornata di viaggio.
Le Stazioni di sosta erano indubbiamente un riferimento importante per il territorio e per il traffico viario e proprio per questa funzione catalizzatrice spesso erano affiancate da locali di diversa categoria, costruiti e gestiti da privati, come cauponae e tabernae, la cui ampiezza e ricchezza erano determinate dall´importanza della strada e dal numero di avventori. In molti casi accadeva che attorno ad una “mansio” si costituisse un piccolo centro abitato, indipendente, almeno inizialmente, dalla frequentazione della strada e che talora si ampliava fino a divenire una cittadina.
Per quanto riguarda la costruzione é molto probabile che , analogamente alle strade, anche le mansiones, in quanto componenti essenziali del servizio pubblico postale, fossero edificate per ordine imperiale, anche se le spese di mantenimento erano sostenute dai municipi del territorio.
Indubbiamente la condizione prioritaria per la collocazione di una mansio era l ´immediata vicinanza di una strada di primaria importanza, mentre per quel che riguarda le strutture si puó presumere che ad una stazione fossero necessari  un grande cortile d´accoglienza, numerosi “cubicola”, stalle ampie e vicine alla zona residenziale ed un sistema idrico capillare e ben funzionante; spesso alle mansiones erano annessi piccoli edifici di culto.

L´unica cosa che rattrista di un area cosi bella é Il loro stato di conservazione, particolarmente precario. Il cemento di restauro sulle creste, quasi del tutto distaccato. Le murature lesionate in più punti a causa del deterioramento delle malte. Piccoli crolli hanno interessato quasi tutte le strutture. Non è agevole farsi un’idea, seppur generica, dell’area archeologica. Né, d’altra parte, ci sono pannelli informativi di supporto. Manca perfino una sommaria indicazione sulla loro esistenza. La maggior parte degli abitanti del quartiere è convinto che lì dentro non ci sia nulla se non erbacce. ( Dalla Citazione di Manlio Lilli )  Il Fatto Quotidiano.

Si ringrazia per la collaborazione Marta di Berti

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